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lunes, 16 de febrero de 2009

AMPLIACIÓN MURALES NO DEFINIDOS

Se ha incluido una nueva imágen en el álbum de MURALES NO DEFINIDOS.
La imágen es un mural de Messina Denaro en el centro de Palermo.


Matteo Messina Denaro (Castelvetrano, 26 de Abril 1962), también conocido como "Diabólico", es un mafioso Siciliano. Tomó este nombre del personaje de comic italiano que lleva este mismo nombre, está considerado uno de los líderes de Cosa Nostra después del arresto de Bernardo Provenzano (11 Abril 2006). Matteo Messina Denaro fue conocido mundialmente el 12 de Abril del 2001, cuando la revista L'Espresso le puso en portada con el siguiente titular: "Ecco il nuovo capo della mafia", ("E aquí el nuevo capo de la máfia"). Él ha sido fugitivo desde 1993.

Messina Denaro es frecuentemente descrito como un despiadado, playboy, mafioso y mujeriego, conductor de un caro Porsche deportivo y portador de relojes Rolex Daytona, gafas Ray-Ban y trajes de Giorgio Armani y Versace. Juega a videojuegos de ordenador y se dice que tiene un hijo ilegítimo. Matteo tiene una reputación de vida rápida y gran parte la consiguió cuando mató al propietario de un hotel Siciliano que lo acusó de acostarse con mujeres jóvenes[1] [2] . Como tal, él es diferente de los jefes tradicionales de la mafia como Salvatore Riina y Bernardo Provenzano que defienden terminantemente los valores conservadores de la familia.

http://orsatti.blogspot.com/

Compaiono murales che ritraggono il boss mafios Messina Denaro in pieno centro di Palermo.

ecco un interessante pezzo pubblicato oggi da La Stampa. Un articolo che fa pensare, e parecchio, sulla "percezione della legalità in gran parte del nostro Paese.


Il padrino in versione pop: il boss Denaro come il "Mao" di Warhol
FRANCESCO LA LICATA
PALERMO
Non vorremmo essere nei panni dell’investigatore che ha ricevuto l’ingrato compito.

Scovare l’autore del murales in onore del boss mafioso Matteo Messina Denaro, riprodotto - ai piedi della stupenda cattedrale normanna - in quattro pose con lo stile che rese famoso il «Mao» di Andy Warhol. Un vero, appassionante «giallo» attraversa gli umori di una città che sempre più raramente dà segni di vitalità di fronte ai temi dell’onorata società.

Ma questa del murales dedicato a Matteo «u siccu» (sempre attento alla dieta, il boy), sembra davvero aver risvegliato la fantasia panormita. Puntualmente s’è imbastita la rappresentazione della costernata consapevolezza che con certi «santi» non è bene scherzare. Sia che li si voglia mitizzare, e ciò non rientra nel politicamente corretto, sia che li si voglia sfottere. Anche perché, questa seconda ipotesi, potrebbe non essere esattamente salutare.

E allora, cosa può fare il nostro poliziotto, pressato dagli alti vertici a loro volta terrorizzati da una campagna mediatica che va montando in direzione dello spazio destinato alla ferma volontà di non permettere l’analogia tra Messina Denaro e Che Guevara? Certo, spunti di suggestione non ne mancano. Proprio ieri, per esempio, ricorreva il quarantaseiesimo genetliaco del mafioso con azzardate aspirazioni filosofiche.

E che ti va ad accadere, proprio oggi? Che sulla candida facciata di uno stabile del paese natale del boss (Castelvetrano) si materializza un terzo murales. Ritratto singolo stavolta, sempre in stile pop art, il simbolo del dollaro statunitense e l’urlo: «Messina Denaro/ L’Ultimo». Chiude la sigla dell’autore: F.A.come nelle precedenti «opere» della Cattedrale e di via dell’Università, a Palermo.

Ecco, la suggestione delle coincidenze potrebbe portare il nostro investigatore a gettare le basi per un movente, diciamo, «filomafioso». Matteo, come un personaggio della pubblicità, ha presa sui giovani e così scatena la fantasia di un artista, immaginato non troppo avanti nell’età, che fissa sul muro - aiutato da colori spray e da una sorta di normografo delle immagini - l’icona del modello di uomo vincente siciliano.

Questa non è una pista che ci siamo inventati noi, no è proprio una chance investigativa che poggia sul «ragionevole sospetto» che il misterioso «artista» possa venire da una delle scuole che gravitano fra Cattedrale e Università. E chissà che F. A. non sia uno studente (o un insegnante, perchè no?) del vicino liceo artistico. Proseguendo sulla traccia, l’investigatore dovrà accertare il sesso del pittore. Uomo o donna? Sarebbe banale pensare ad un normale maschietto, magari col mito del pistolero. No, meglio una ragazza. Come quelle che hanno già dimostrato passione per Matteo, grande incantatore di romantiche sognatrici. Ce n’era una che gli scriveva: «Quanto rimpiango di non poter darti con le mie mani l’ultima versione di playstation».

Ma forse questa storia è tutta frutto del caso. Il murales alla Cattedrale esisteva da settimane e nessuno se l’era filato. Fino a quando il settimanale «S» ha pubblicato la corrispondenza del boss (in parte già uscita su La Stampa del 23 settembre dell’anno scorso) con un misterioso «Svetonio», rivelatosi poi - con gran disdoro per la reputazione del buon Matteo - un collaboratore del servizio segreto.

L’innesco mediatico può aver fatto il resto e così oggi ci troviamo a indagare su un fatto che non è reato e a riproporre le pillole di saggezza bacchettona e autodifensiva («sono il Malaussène di tutto e di tutti») vergate da Matteo (alias Alessio) e indirizzate a «Svetonio», in vero poco accostabile all’autore del «De viris illustribus».

Ma il gioco mediatico non è facile da arginare, specie se tra «pizzini» e murales fa capolino una sorta di gossip mafiosesco che consegna al grande pubblico l’ultima novità: la lite addirittura con Bernardo Provenzano, messo in croce da «Alessio» per la leggerezza con cui si è fatto sorprendere in possesso della «corripsondenza» che il vecchio intratteneva con l’intera Cosa nostra. «Se lo avessi davanti - scrive «Alessio» a Svetonio - gli direi cosa penso e, dopo di ciò, la mia amicizia con lui finirebbe. Tutto mi potevo immaginare, ma non tanto menefreghismo...». Ce n’è abbastanza per far salire le «quotazioni» di Matteo, che - quasi avesse presagito l’odierna audience - aveva scritto: «Di me si parlerà ancora per molto».

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